martedì 19 aprile 2011

Welcome Nostalgia

Scivolano le note dei Sigur Ròs e della loro lingua inventata nelle mie orecchie, Suoni lontani che vengono dal nord, e per uno strano flusso di coscienza mi ritrovo a pensare alla Costa d'Avorio.
Quando l'ho conosciuta, piena di polvere rossa e vestiti sgargianti di Mama Othò, la pace era apparente, la guerra civile era appena finita e i posti di blocco lungo le vie principali erano integrati nel paesaggio.
Le nuvole non esistevano e le case, fuori dalle grandi città, erano in lamiera. Ed è ancora così. Solo che la guerra civile è scoppiata di nuovo, il dittatore è stato abbattuto e di nuovo il clima è teso.
Ho scritto ai ragazzi che ci hanno accompagnato alla scoperta della loro terra. Hanno paura. Le retate dei ribelli portano terrore nei letti delle madri e negli occhi dei bambini.
Non sò come sia la vita quando hai paura di morire.
Non lo so.
Ma mi ricordo come ho vissuto io, in quei miei 18 giorni africani.
E se mai un giorno scriverò un libro, saranno i giorni che ricorderò come quelli per cui è valsa la pena vivere.
I più semplici, e i più felici.
Non sono stati giorni facili, non sono stati leggeri. I miei occhi non avevano mai visto niente di tutto ciò. E a volte, nella fretta di vivere la vita qui, dimentico tutto quello che li ho imparato.
Vi copincollo la risposta di Honorine, una donna, una capo scout, che vive ad Abijan, la capitale della Costa d'Avorio.
 "Merci *****
merci pour ton soutien car vraiment nous sommes tous désespérés car nous ne savons pas ce qui va se passer après,il y a eu trop de mort et maintenant nous sommes rentrés dans le stade de reglement de compte. ils rentrent dans les maisons pour tuer les partisans de gbagbo.".
E questo dovrebbe bastarmi. Dovrebbe bastarci.
Cosa posso fare? Cosa possiamo fare noi? Dove trovo la risposta?